Una soluzione sostenibile, che spinge verso un’economia circolare piuttosto che lineare – che come una fenice rinasce quindi ogni volta dalle sue stesse “ceneri”.
L’idea è offrire molteplici (e potenzialmente eterne) reincarnazioni agli oggetti, facendoli ogni volta tornare alle origini, accompagnandoli insomma non più “dalla culla alla tomba” ma appunto “dalla culla alla culla”.
Facile dunque immaginare le ripercussioni positive che un simile metodo può avere sulla moda, la seconda industria più inquinante al mondo.
Ne è convinta la fashion designer pugliese Matilde Di Pumpo che con l’Upcycling ha realizzato la sua capsule collection sartoriale LOÏS.
La differenza tra recycling (riciclo) e upcycling è che, se nel recycling i capi vengono riutilizzati più o meno così come sono, l’upcycling è invece un “riciclo creativo”, che non solo elabora, riadatta e rende utilizzabile un pezzo d’antan, ma gli conferisce anche un valore aggiunto, un fascino e un allure completamente nuovi.
Per realizzare un pezzo “upcycled”, è essenziale aggiornarlo, modernizzarlo o destrutturarlo. Ogni abito o accessorio ha infinite interpretazioni possibili, in base a chi decide di reinventarlo.
Il vantaggio più “sfizioso” è che il riutilizzo creativo garantisce al pezzo un’unicità irresistibile. La rivisitazione è per sua natura esclusiva e personale, figlia di una sinergia tra contemporaneità e passato.
Così nella sartoria LOÏS un semplice jeans può diventare nuovo e diverso, magicamente ricreato ad arte, utilizzando design, sperimentazione, applicazioni di materiali, lavaggi e trattamenti. In maniera totalmente sartoriale il jeans viene distrutto e ricreato a seconda del tipo di cotone, di modello e di vestibilità.
Succede per esempio che due jeans diano vita ad una giacca Kimono dove le contaminazioni vintage si mischiano allo stile minimale del Giappone.
Nella maison LOÏS della fashion designer pugliese Matilde Di Pumpo, non ci sono limiti: l’importante è mantenersi open-minded, utilizzare materiali di qualità e averne cura.
Upcycling è quindi estetica, sì, ma anche sostanza: uno charme “cerebrale” che appaga l’aspirazione a un lifestyle sostenibile e concede l’esperienza lussuosa di possedere qualcosa di diverso da tutti gli altri.
IG @loisminimal
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